Sabato 10 marzo, presso la sede di “Radio 100 passi”, bene confiscato alla mafia e condiviso con il Liceo G. Galilei di Palermo, si è tenuto l’incontro sul tema

 

Pensare il femminile per una cultura della non violenza.

Il caso Barbara Bartolotti

Abbiamo conversato con la dott.ssa Barbaro Crescimanno, psicoterapeuta, intorno al fenomeno della violenza sulle donne, al fine di individuare possibili interventi educativi e percorsi culturali che possano contribuire a creare paradigmi relazionali nella direzione del superamento del fenomeno.

Nel suo intervento la specialista ha avviato la riflessione a partire dalla messa in discussione dello stereotipo femminile corporeo, prodotto di una cultura oggettivante che induce le adolescenti ad accettare il loro stesso corpo in subordine alla percezione che ne ha l’altro. Nella costruzione della consapevolezza di sé, di essenziale importanza è  il ruolo della madre per la trasmissione di modelli di relazione improntata al riconoscimento dell’altra/altro. Il corpo è “il luogo della relazione”. Si comprende quindi la necessità di educare ad una sessualità orientata al riconoscimento dell’altra/o a partire dal riconoscimento della differenza sessuale.

L’educazione al genere è preventiva della violenza sulle donne: educare il maschile a percepire il femminile avendo chiaro, da parte delle stesse donne, la propria identità corporea. Educare gli adolescenti al rispetto delle differenza, a partire da un riconoscimento dell’identità di genere che superi gli stereotipi, imparando a interrogarsi su che cosa l’altro si aspetta, piuttosto che reiterare modelli di relazione sessuale trasmessi, per esempio, attraverso la pornografia. Educazione sessuale dunque finalizzata ad orientare la ricerca del piacere nel riconoscimento dell’altro nella differenza.

La violenza sulle donne va condannata a tutti i livelli, verbale, fisico, psicologico, sempre espressioni di modelli di potere maschili. Bisogna tuttavia tenere presente che i casi in cui si scatena la violenza femminicida sono da ricondurre a condizioni di disturbo psichico, fenomeno da distinguere dal tema della relazionalità  oggettivante che tende a reificare la corporeità della donna e rispetto al quale bisogna attivare adeguate strategie educative.

 

L’avvocata penalista SABRINA PUGLIA ha poi presentato il quadro giurisprudenziale scaturito dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e dal Parlamento italiano il 19 giugno 2013. L’avvocata ha condotto una disamina degli sviluppi giurisprudenziali della normativa sulla violenza contro la donna, segnati da una svolta nel 1976 con la modifica del concetto di violenza carnale in quello di abuso sessuale;  nel 2009 è stato poi introdotto il reato di stalking: atti persecutori che provocano non necessariamente un danno, ma anche semplicemente una sofferenza. Un ulteriore supporto alle donne è stato offerto dalla normativa del 2013 sulla rimettibilità della querela e sulle aggravanti

L’avvocata ha inoltre sottolineato che il fenomeno della violenza alle donne va riferito al contesto culturale e sociale, per cui si assiste troppo spesso ad un isolamento delle vittime di violenza. Oggi la legislazione ha elaborato la necessità di fare rete attraverso il supporto di organizzazioni in grado di sostenere le donne nella loro necessità di protezione e di difesa. Restano ancora molti aspetti problematici riguardo alla protezione delle donne che denunciano violenza, date le carenze di una normativa che non risponde ancora adeguatamente alla complessità dei casi.

 

La professoressa Vita Margiotta ha introdotto la drammatica storia della vittima di violenza signora Barbara Bartolotti.

Presente all’incontro, la signora ha ripercorso i momenti drammatici di quella vicenda sconcertante per la violenza  folle di un uomo insospettabile, un collega che ha tradotto la sua brama di possesso in un raptus di violenza tale da lasciarle cicatrici indelebili sul corpo e profonde ferite interiori. Un racconto che colpisce per l’efferatezza dei gesti e per la paradossale conclusione processuale che, nonostante la comprovata colpevolezza del responsabile, non ha reso giustizia alla vittima.

L’accaduto è raccontato da Sara Favarò nel libro Una storia barbara.

 

L’incontro, condotto dalla presidente dell’associazione, prof.ssa Stefania Macaluso, è stato trasmesso in diretta web, dalla sede distaccata del Liceo Galilei, a cura del direttore di Radio 100 passi, il regista Danilo Sulis.